L‘ infinito


Commento

Contesto, argomento, messaggio

L'Infinito è una poesia scritta da Leopardi nel 1819 e inserita nei Canti. Questa poesia può essere considerata la più significativa della prima fase del pensiero leopardiano (sebbene non ci sia riferimento al dolore personale) ossia quella del pessimismo storico. Come in tutti gli idilli il poeta parte dalla descrizione di un elemento del paesaggio per poi esprimere i propri pensieri e i propri sentimenti.

Il poeta, il cui sguardo è limitato dalla siepe, immagina un vasto spazio infinito al di là di essa, esplorandolo con la fantasia fino a sentirsi smarrito. Tuttavia, il soffio del vento lo fa riflettere sul trascorrere del tempo, sull'eternità e sul presente. Leopardi si lascia trasportare da queste suggestioni.

Il tema principale del componimento è l'idea che certe esperienze sensoriali, vaghe e indefinite, stimolano l'immaginazione umana, permettendo di immaginare l'infinito e giungere all'eterno. In questo contesto quindi, la siepe diventa il simbolo di tutto ciò che è limitante che però può stimolare l'immaginazione.

Questa poesia con il suo dualismo finito/infinito reale/immaginario può essere considerata anche un tipico esempio di poetica romantica.

 

Lingua, stile e forma metrica

L'Infinito è una poesia di quindici versi, endecasillabi sciolti.

Per quanto riguarda l'uso delle figure retoriche va segnalato l'uso del polisindeto (vv. 11-13; il susseguirsi di 4 congiunzioni: e…e…e…e)  dell’enjambement. Entrambe le figure retoriche contribuiscono a dare la sensazione di uno spazio dilatato.

 

Parafrasi e note utili per il commento

TESTO PARAFRASI
  1. Sempre caro mi fu quest'ermo colle
  2. e questa siepe, che da tanta parte
  3. dell'ultimo orizzonte il guardo esclude.
  4. Ma sedendo e mirando, interminati
  5. spazi di là da quella, e sovrumani
  6. silenzi, e profondissima quiete
  7. io nel pensier mi fingo, ove per poco
  8. il cor non si spaura. E come il vento
  9. odo stormir tra queste piante, io quello
  10. infinito silenzio a questa voce
  11. vo comparando: e mi sovvien l'eterno,
  12. e le morte stagioni, e la presente
  13. e viva, e il suon di lei. Così tra questa
  14. immensità s'annega il pensier mio:
  15. e il naufragar m'è dolce in questo mare.

Mi sono sempre stati cari questo colle solitario
e questa siepe, che copre alla mia vista
una buona parte dell'orizzonte più lontano.
Ma mentre sto seduto e osservo,
io immagino nella mia mente spazi interminati oltre la siepe,
e silenzi sovrumani
e profondissima quiete, tanto che per poco
il mio animo non s'impaurisce. E non appena odo
il vento stormire tra le fronde di queste piante, paragono
quell'infinito silenzio a questo frusciare:
e mi viene in mente l'eterno,
le ere già trascorse, e quella attuale e
ancor viva, e il suo suono. Così il mio pensiero
sprofonda in quest'immensità:
e il naufragare in questo mare è dolce per me


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