A Zacinto


Commento

Contesto, argomento, messaggio

Questo sonetto è stato composto tra l'agosto del 1802 e l'aprile del 1803 ed è dedicato all'isola natia del poeta, Zacinto (nome greco dell’isola di Zante) nel Mar Ionio. Foscolo trascorse solo la sua prima infanzia (1778-85) sull'isola e non vi fece mai ritorno ma ciò ebbe sull'autore una grandissima influenza.

Il sonetto, partendo dal motivo autobiografico del ricordo dell'infanzia, abbraccia i temi fondamentali della poesia foscoliana: l'esilio, il mito della sepoltura, i temi neoclassici, il mito della poesia e la bellezza della natura. In questa poesia la Grecia non rappresenta solo la patria perduta, ma anche la terra d'origine della poesia e dei miti.

Nella prima strofa il poeta parla di Zacinto, sua terra natia, e del fatto che non la rivedrà mai più.

La seconda strofa si apre con la figura di Venere che, nata lì (nel mar Egeo), rese fertili quelle isole. Nel finire della seconda e nella terza strofa viene introdotto il tema di Ulisse e di Omero. Questo incarna la poesia che celebra l'eroismo e i più alti valori umani. In Ulisse, "bello di fama e di sventura", Foscolo vede il riflesso di sé stesso, esule e perseguitato dal destino. Tuttavia, nonostante entrambi condividano il destino dell'esilio, il loro epilogo è diverso: Ulisse, a differenza del poeta, riesce a tornare nella sua amata Itaca.

Con la terzina finale, Foscolo ritorna ai primi versi e al tema autobiografico dichiarando che sicuramente non potrà essere sepolto a Zante; si chiude così il componimento che assume quindi una struttura circolare.

In questa poesia sono quindi chiaramente presenti tutti gli elementi della poesia neoclassica, che fanno di Foscolo uno dei principali esponenti italiani del Neoclassicismo: il richiamo agli antichi (Omero, Ulisse), alle divinità greche (Venere) e alla Grecia (Zacinto). Anche l'uso di una metrica classica nel sistema metrico italiano, il sonetto, risponde all'esigenza di inserirsi nella tradizione poetica consolidata da secoli.

 

Lingua, stile e forma metrica

Sonetto di endecasillabi, costituito da due quartine a rima alternata (ABAB, ABAB) e da due terzine a rima invertita (CDE, CED).

Tutta la poesia è composta da due soli periodi: il primo comprende le prime tre strofe, il secondo l'ultima terzina. Si osserva inoltre una chiara prevalenza di tempi verbali passati, soprattutto del passato remoto, nella parte centrale del sonetto, in cui viene richiamato un passato estremamente lontano, persino mitico.

Per quanto riguarda le figure retoriche vanno segnalate almeno le seguenti:

  1. numerosi  enjambement (versi: 3-4; 6-7; 13-14) che caratterizzano le prime tre strofe e dilatano il ritmo del componimento;
  2. diversi casi di anastrofe (esempio nel verso 12-14: "a noi prescrisse il fato illacrimata sepoltura");
  3. numerose allitterazioni (versi 4-9 e verso 13).

 

Sul piano lessicale, predominano termini aulici, colti, latinismi e grecismi (come "inclito", "dea", "fatali"), testimonianza della formazione classica su cui Foscolo ha basato la sua cultura.

 

Parafrasi e note utili per il commento

 

TESTO PARAFRASI
  1. Né più mai toccherò le sacre sponde
  2. ove il mio corpo fanciulletto giacque,
  3. Zacinto mia, che te specchi nell'onde
  4. del greco mar da cui vergine nacque

  5. Venere, e fea quelle isole feconde
  6. col suo primo sorriso, onde non tacque
  7. le tue limpide nubi e le tue fronde
  8. l'inclito verso di colui che l'acque

  9. cantò fatali, ed il diverso esiglio
  10. per cui bello di fama e di sventura
  11. baciò la sua petrosa Itaca Ulisse.

  12. Tu non altro che il canto avrai del figlio,
  13. o materna mia terra; a noi prescrisse
  14. il fato illacrimata sepoltura.
  1. Non toccherò mai più le sacre rive  dove il mio corpo di fanciullo riposò ),
    o mia Zacinto , che ti specchi nelle onde del mare della Grecia  nacque già donna , e rese feconde quelle isole col suo primo sorriso, per cui cantò  e della tua vegetazione , colui che, cantò i viaggi per mare voluti dal Fato e l’esilio in mille luoghi diversi, in virtù delle quali , celebre  per la fama dalle sventure sopportate, infine baciò la pietrosa isola di Itaca, sua terra natia.
    O Zacinto, mia terra materna , tu invece non avrai altro  che questo canto scritto da tuo figlio , perché il destino ha stabilito per me una sepoltura senza il compianto delle persone care.

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