Commento
Contesto, argomento, messaggio
S’i’ fosse foco, arderei ‘l mondo è il più celebre sonetto di Cecco Angiolieri il più importante degli esponenti della poesia comico-realistica, che si diffuse a partire dal 1260 in Toscana contrapponendosi, in maniera parodica, a quella siculo-toscana e stilnovistica. In questo sonetto sono esptessi in maniera mirabile i tempi più cari al poeta e questo può infatti essere considerato una sintesi del suo canzoniere (circa 120 sonetti) in cui canta le vicende tristi e liete del suo amore per Becchina, la predilezione per "la taverna e il dado", e l'avarizia e la bigotteria dei genitori, ai quali augura la morte.
Il componimento risulta una parodia del plazer, tecnica provenzale che consisteva nell’elenco di una serie di cose piacevoli: quello di Cecco è invece un’invettiva contro ciò che odia e che vorrebbe distruggere.
Lingua, stile e forma metrica
Si tratta di un sonetto a rime incrociate nelle quartine e a rime alternate nelle terzine, secondo lo schema ABBA; ABBA; CDC; DCD. Per quanto riguarad le figure retoriche quella principale è l’anafora: il S’i’ fosse ricorre infatti ben nove volte (vv. 1, 2, 3, 4, 5, 7, 9, 10, 12).
Parafrasi e note utili per il commento
TESTO | PARAFRASI |
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Se io fossi il fuoco, brucerei il mondo; se io fossi il vento, lo colpirei tempestosamente; se io fossi l’acqua, lo annegherei; se io fossi Dio, lo farei sprofondare; se fossi il papa, allora io sarei allegro, perché metterei nei guai tutti i cristiani; se io fossi imperatore, sai cosa farei? Taglierei a tutti la testa per intero. Se io fossi la morte, andrei da mio padre; se fossi la vita, fuggirei da lui: ugualmente farei con mia madre. Se io fossi Cecco, come sono e fui, prenderei le donne giovani e belle: e lascerei agli altri quelle vecchie e brutte. |
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